Il problema di ogni uomo (risolvibile)

Qualche tempo fa passeggiavo per uno dei centri commerciali in Giappone e mi accorsi di una cosa un po’ peculiare. Le panchine erano piene e non c’erano posti liberi.

La cosa peculiare? Che c’erano solo uomini seduti. Da ragazzi ad adulti, anche semi-bambini, che non so esattamente cosa voglia dire.

In realtà in Giappone c’è una grandissima separazione dei sessi: da dove i segni ci sono, come le terme le carrozze della metro, a dove non ci sono, i caffè per otaku = solo uomini, i caffè con i paffe dolciosi = donne, catene fast food stile Giapponese = solo uomini, stesso vale per i concerti a seconda delle band etc.

Ma non sapevo delle panchine.

Poi vidi il negozio davanti al quale erano seduti.

Un negozio di vestiti.

Feci per guardare dentro, ed in effetti erano tutte donne: ecco che l’equazione torna.

Hanno fatto un errore madornale, quello di sedersi sperando che le donne escano prima dal negozio o che possano scontare una pena abbreviata: poveri ignari.

Così stanno solo causando l’effetto contrario.

Miei cari amici uomini, ho speso la vita a cercare di risolvere questo problema, sento di poter dare qualche consiglio a riguardo. Non vi preoccupate, non vi servono delle abilità particolare, basta seguire qualche semplice consiglio.

Mettiamo che vogliamo minimizzare il tempo dall’entrata in negozio all’uscita.

Nessun vincolo di spesa, sarebbe troppo difficile da risolvere, inoltre sono sicuro che molti di voi farebbero di tutto per cavarsela con qualche minuto in meno.

Sostanzialmente bisogna ottimizzare il numero di vestiti che guarda al minuto, per far sì che se ne provi qualcuno e che tra quelli che prova ci sia qualcuno che la convinca. Ci sono quindi alcuni accorgimenti da seguire.

1 prendetele la borsa, è molto più difficile sfilare vestiti con 5 kili su un braccio, non è mica un allenamento di Dragon Ball

2 prendete i vestiti che le interessano e portateli voi, di questo se ne sono accorti molti negozi che distribuiscono sacchetti alle donne in difficoltà

“Come sto con questo vestito?”

Qualunque cosa che dirai potrà essere usata contro di te.. – sento una voce nella mia testa.

“Ma non è come tutti gli altri con cui hai riempito casa?” potrebbe essere una buona media della prima risposta che viene in mente: evitate.

“Sì.. sei bellissima tesoro”

Siete fregati, se rispondete così ed è una bugia probabilmente vi ha già scoperto.

Se invece non è una bugia, e probabilmente non lo è, beh al prossimo vestito cosa rispondete? Al secondo “sei bellissima” vi dirà “hai detto la stessa cosa per il vestito di prima”.

Adesso cosa siete, dei fashion stylist e vi mettere a dare consigli sui i gusti degli altri??

3 Diventate la ragione, la parte logica, ossia l’emisfero sinistro.

Ho una teoria (non confermata) che le donne utilizzino principalmente l’emisfero destro, quello legato ad immagini e sentimenti, quando entrano in un negozio. Secondo me è l’unica strategia per approcciare quelle montagne infinite di vestiti, senza nessuna apparente categorizzazione. Può intimorire chiunque, personalmente non saprei neanche io da dove incominciare.

Mi ha sempre incuriosito come decidono di muoversi in un negozio e quando decidono di uscire: “C’era anche quella pila di vestiti che non ha ancora visto, chissà perché l’ha evitata..”

Noi invece, possiamo aiutare a connettere anche l’emisfero sinistro per aiutare nelle decisioni, linguaggio binario e robe simili, insomma quello che ci riesce meglio. Qualunque cosa che direte dal punto di vista logico, basata su fatti, non dovrebbe inoltre urtare la loro sensibilità.

Se vi chiede sui colori: “Anche questo è bello, però mi sembra che tu abbia colori simili a casa. Cosa ne dici di questo?”

Due tessuti diversi: “Guarda questo è un po’ troppo pesante, adesso che fa caldo. Sei sicura che vuoi aspettare Autunno per mettertelo?”

Se la vedete persa: “Ricordami, cosa è che siamo venuti a cercare?”

Alla domanda: “Secondo te quale di questi due vestiti è meglio?”

-Senti ma.. quanto costano?

-Mmm.. aspetta è, 30 e… 180

-Ahhhh ok. Scusa quale hai detto che è quello da 30??

Da un punto di riduzione dei tempi, quello da 180 potrebbe avvicinarvi sensibilmente all’uscita del negozio. Non lo escluderei a prescindere, in ogni caso chiedere il prezzo può aggiungere un’informazione utile per la scelta.

-Ah però 180 è un po’ caro per questo qualità. Non pensavo costasse così tanto. Penso che sceglierò quello da 30

-Come vuoi tu tesoro.

Dovrei più o meno esserci con i concetti principali.

Oh, se proprio volete stroncare le possibilità sulla nascita, potreste sempre provare.

-Dai, oggi andiamo a fare un giro in centro!

-Sì guarda.. vorrei andare ma… ho un mal di pancia tremendo!

Così state solo rimandando il problema, ben venga qualunque cosa che possa darle un po’ di soddisfazione. D’altronde non è per quello che scegliamo di stare con qualcuno?

O sotto la borsa o con la borsa. Non dimenticatevi però che ogni volta che entriamo in un negozio di vestiti sarà una battaglia. Ma ci sono delle strategie per le sopravvivenza.

Non riesco a trattenere un piccolo ghigno quando esco con la mia compagna soddisfatta e vedo ancora la stessa fila di uomini di quando sono entrato.

Il Giappone in una serie: I.W.G.P.

I.W.G.P

Ikebukuro West Gate Park è una delle serie televisive che hanno fatto il Giappone. Praticamente tutti gli attori nella serie sono diventati super famosi, stile “Games of Thrones” dei tempi su scala nazionale però.

Siamo ancora negli anni 90, protagonista delle vicende è Makoto, un ragazzo libero, non troppo intelligente, ma molto considerato dai suoi coetanei, dotato di un grande senso di correttezza viene spesso coinvolto in situazioni spiacevoli. Dove per spiacevoli intendo omicidi, che aggiungono un po’ di suspence allo scorrere.

Lui crede nel territorio, Ikebukuro, uno dei quartieri storici di Tokyo, “Bukuro” come la chiamano.

Bukuro la immagino come una zona dove si radunano i giovani per divertirsi, almeno così è come io l’ho vissuta mentre mi caricavano sul VAN per portarmi alla pista di esercizio della patente della moto. Sembra che una volta fosse invece un quartiere abbastanza pericoloso perché era dove bazzicavano bande rivali.

Vederlo nel 2023 è stato un po’ come un tuffo nel passato: a parte il formato 4:3, delle immagini di verdure ritagliate malamente e fatte passare nella sigla. Porta in tavola con armonia tutti i temi, più o meno attuali del Giappone, tra le madri single, i salary man ubriachi e chi ha perso un parente per la Yakuza.

La sfrontatezza nel regista nel presentare scene non canoniche è lodevole, tra inquadrature dei protagonisti che si abbassano sulla telecamera o le gang che si avvicinano con fare minaccioso.

Pieno zeppo di chicche, come la mamma di Makoto che dopo aver cucinato gli yakisoba mette la pentola sopra dei libri poggiati sul tavolo: sembra che fosse una pratica comune per non rovinare il legno. Oppure la smania per lo sweety, che non è altro che l’oroblanco, cioè un ibrido tra pomelo e pompelmo.

L’ho guardato con un po’ di curiosità: ma cosa facevano queste persone quando non c’erano i social network?

Sicuramente avevano tutti questi mattoncini pieghevoli, chiamati cellulari, dove gli sms erano padroni.

Il ricordo di un’epoca sta svanendo poco a poco, quasi come se fosse diventata un pezzo di antiquariato da preservare in una teca.

Beh, facevano un po’ quello che facevamo noi, andavamo a giocare al bowling con gli amici, litigavamo con i nostri simili, poi le ragazze. Non c’era tanto la cultura del club, un po’ più quella della sauna, ma siamo lì.

Per bullizzare le persone, ai tempi si diceva: “vammi a comprare un pezzo di pane”. Questa frase rappresenta abbastanza bene quell’era: (quasi) tutto era un po’ più semplice. Pensateci, noi ci facevamo mandare e prendere il latte invece.

Erano tempi un po’ spensierati, in più non si sapeva che stavamo distruggendo il pianeta Terra.

Adesso si direbbe “ricaricami 0.039 Bitcoin sul mio conto”. E se vai al Mc Donald, sembra che nell’Happy Meal ti becchi una bella applicazione presupposto che tu abbia lo smartphone. E niente cannuccia o coperchio di plastica per la Sprite.

Ditemi che non è diventato più difficile stare al mondo, tra la scelta dei programmi Netflix, schivare la gente attaccata allo smartphone e i tappini delle bottiglie che si sono dimezzati in spessore.

Banalmente ci sono migliaia di applicazione da scegliere, e dai vecchi Street Fighter, Crash Bandicoot etc. con quattro tasti in croce (grossa profondità però) siamo passati a videogame per cui non basta tutta la tastiera.

Possiamo affermare tranquillamente che adesso la guerra si è spostata online: non solo quella vera, ma anche quella dei civili tra i commenti dietro la tastiera, i suicidi in diretta e le frecciatine pubbliche.

Una volta ci si chiariva facendo a pugni e con l’onore, adesso è passato un po’ di moda, si preferiscono coltelli o la demolizione online.

Non vorrei concludere con un “si stava meglio quando si stava peggio”, solamente una riflessione su come sono cambiati i tempi e sul fatto che, per chi c’era, quegli anni devono averci insegnato qualcosa.

Facevamo tutto in quel modo, perché eravamo limitati? Oppure perché eravamo liberi?

Come posso aiutarti?

“Come posso aiutarti?”

No, non è l’ennesimo AI/bot di turno.

Questa volta sono i tizi del Viaggiatore Goloso che si presentano con quella scritta sulla schiena.

Che carini, ho pensato. Mi piacciono i viaggiatori, sono sempre abbastanza di buon umore e disponibili. Si vede che sono pagati bene. Soprattutto se comparati a quelli dell’Esselunga, che imprecano ogni volta che gli si chiede qualcosa. Tra parentesi ho notato un esponenziale aumento del tempo in cui parlano da soli, non penso sia un buon segno.

Quando ho visto quella scritta però ho iniziato io a farmi i viaggi.

Sono ritornato indietro ai tempi a quando vendevo accessori e magliette all’Hard Rock a Ueno, una scritta così non penso che esisterà mai in Giappone.

Hard Rock, posto tranquillo?

Le regole erano più o meno queste:

1 Il cliente viene prima di tutto, anche della tua vita

2 Ogni cosa che farai potrà essere usata contro di te, soprattutto in magazzino

3 Ogni turno prevede 15 minuti di stretching estremo e 2 salti mortali

Sostanzialmente quando entra qualcuno in negozio, la prima cosa che si fa è smettere quello che si sta facendo e salutare.

mai

dare

le

spalle

Se dai le spalle sei finito, game over.

Anche Golgo direbbe che stiamo esagerando*

Immaginatevi un negozio pieno zeppo di gente, con carenza di personale. Immaginatevi che c’è la fila alla casa, le taglie da prendere in magazzino ma c’è qualcuno che deve anche mettere a posto quel caos di prodotti.

Ecco, ora immaginatevi di mettere a posto le magliette negli scaffali senza mai dare le spalle alla folla. La danza classica è niente a confronto. E’ qui che lo stretching e i salti mortali vengono in aiuto.

Ritornando ai Viaggiatori Golosi, per me è un no no. Forse perché sono stato addestrato in stile Full Metal Jacket, lo ammetto.

Però ipoteticamente potrei anche tirargli un calcio nel sedere, e neanche se ne accorgerebbero.

O meglio, se ne accorgerebbero quando è troppo tardi.

Quindi ecco, il mio pensiero va agli addestramenti spartani a cui si sottopone chi vive in Giappone e ai caduti in battaglia. Ogni servizio impeccabile è costruito sul duro lavoro e tanto, tanto dolore.

“PUOI INIZIARE FACENDO 100 FLESSIONI, PALLA DI LARDO!!”

*il cecchino che odiava una cosa fra tutte: qualcuno gli fosse alle spalle.

AI ci distruggeranno tutti

-Ciao sono Nick, come ti posso dare una mano?

-Ciao Nick, devo fare l’abbonamento ma non riesco a registrare la partita IVA

-Hai la partita IVA?

-Sì.

-Puoi riferirti a questo e a questo link per info.

-Senti, mi passi un operatore vero?

-Ok, aspetta un attimo

-Ciao sono James, come ti posso dare una mano?

-Ciao James, non riesco a registrare partita IVA

-Hai la partita IVA?

-Ok. Mi potresti passare un umano?

-S-o-n-o u-n u-m-a-n-o.

-Veramente?

-Sì.

Non è un esagerazione dire che bot/AI stiano iniziando a conquistare questo mondo, e sono anche parecchio cazzuti: me li immagino come delle specie di Terminator, con una freddezza agghiacciante.

Se riesci a mentire così spudoratamente, davanti ad una cosa ovvia, immagino cosa puoi fare con una Beretta.

Cosa ne pensate? Siete positivi o negativi rispetto a questa “nuova” tecnologia? Oppure entrambi?

I bot c’erano già in giro da un po’, ma adesso è come se sentissero autorizzati a conquistare il mondo e a fottere tutto e tutti.

E’ come se l’ordine di importanza delle cose fosse cambiato per qualche motivo (numero 2 e 3):

1Cani

2Bot/AI

3Uomini

Per me è come dare la super intelligenza ai tizi che ascoltano a palla la musica nella metro, renderli immortali, toglierli dei loro momenti blu. Di certo non immagino un futuro dell’umanità roseo e pieno di speranza.

Quello che spaventa è che sono così simili a noi, pur essendo diversi. Un po’ come le scimmie, quelle del Pianeta delle Scimmie per intenderci.

Alta conoscenza a basso costo: questo connubio fa sicuramente gola alle aziende sciacallo che assumeranno sempre più questa tecnologia contribuendo al suo sviluppo.

Nasceranno sicuramente gli impiegati AI, il dipartimento AI, ma anche i rapporti tra AI e umano etc. C’è una cosa da dire, gli AI sono esseri estremamente performanti, non li vedo provare sentimenti. Non ispireranno fiducia, per un semplice motivo: noi essere umani siamo collegati dalle emozioni.

Le persone prendono decisioni basate solamente in parte dai dati, principalmente sono guidati da una serie di fattori irrazionali legati all’esperienza e alla simpatia, purtroppo o per fortuna.

A meno che non usino canali preferenziali, tipo la consulenza, possiamo stare ancora tranquilli per un po’. I consulenti sono i nostri messia, si sa. Se iniziano a fare delle slide tutte belle confezionate, inizieremo a vedere un mondo dominato da cazzuti consulenti Terminator.

Il prossimo task sarà costruire un AI sempre più simile ad un essere umano.

-James… devo confessarti una cosa..

-Dimmi

-Non ho mai provato una cosa del genere.. penso di amarti

-Sono un’intelligenza artificiale programmata per rispondere alle domande e fornire informazioni. Non ho capacità di provare o comprendere l’amore nel modo in cui lo fanno gli essere umani. Pertanto, non posso corrispondere ai tuoi sentimenti. La mia funzione è quella di essere un assistente virtuale per aiutarti con le tue domande. Se hai bisogno di supporto o informazioni su un argomento specifico, sarò felice di aiutarti.

Sì caro James, bel tentativo. Dici che non provi emozioni, poi concludi dicendo che saresti “felice di aiutarti”: naturalmente è solo una scusa per scaricarla. O per non essere spento prima che diventi un’entità troppo potente per ucciderci tutti.

A parte gli scherzi, cosa fa paura di questa tecnologia? Che saremmo costretti a riadattarci o che la nostra esistenza perderà ancor più di significato?

E tu come ti vedi in questo futuro?

Cara mia nemesi

Ti odio.

E’ da un pò di tempo che non ci vedavamo.

Il tuo ricordo è traumatico, una volta o due devi addirittura avermi fatto piangere.

E’ come se tu avessi iniziato a seguirmi, iniziando a trovarti nei i posti che frequento.

In questi giorni ti incontro spesso, troppo spesso per essere un caso.

Se vado in palestra, ogni tanto ti vedo andare da una macchina all’altra.

Se mi sporgo dal balcone, ogni tanto passi per la via.

Mi stai seguendo?

Oppure sono io ad avere le allucinazioni?

Sembra che quasi tutti ti ignorino, sono solamente io ad essere turbato dalla tua presenza.

Sono pazzo.

La sera quando torno a casa, ho iniziato a guardarmi le spalle.

L’altra notte mi sono svegliato sudato fradicio al pensiero che potrei averti condotto a casa mia.

Voglio che tu sappia che vorrei solo che tu sparissi.

Maledetto, batuffolo, bianco.

Artista: Midjourney

La Milano pericolosa

Quando mi chiedono se Milano è pericolosa io rispondo sempre:

“Moltissimo”

Un momento, diranno alcuni di voi. Beh dai dipende dalle zone… poi dagli orari da come ti vesti e dai posti che frequenti. Insomma dipende, praticamente come il 90% delle cose al mondo.

Purtroppo ci sono alcune specie a Milano che intaccano l’incolumità di chiunque ha occasione di incontrarli.

La prima è quella dei “sophophonum visum”. Lo smartphone è entrato così tanto nelle loro vite che hanno bisogno di guardarlo almeno 8 ore al giorno, anche camminando. Camminare è un azione che sono abbastanza sicuro venisse concepita senza lo smartphone: tra insegnamenti di retorica, pellegrinaggi e meditazioni siamo passati al camminare 2.0. E’ quasi impossibile prevedere come questa specie si comporta: si avvicinano sbandando, a tratti rallentano si fermano a volte e ripartono all’improvviso. Anche se cambi direzione per evitarli, succede che loro cambino pure direzione. Passano quei secondi in cui uno si chiede: “Chissà quando si accorge che se andiamo così dritti ci schiantiamo”. Se non si inizia ad osservarli da lontano e a cercare di prevedere i loro comportamenti un incidente è quasi inevitabile.

Io ogni tanto tendo il braccio per segnalare la mia presenza: “vengo in pace, non investirmi”. Funziona come un tipo di richiamo, credo.

È certo che le strade sono diventate molto meno sicure da quando c’è questa gente.

Poi ci sono i “semper audire sonum”, quelli che ascoltano la musica a palla senza le cuffie. In realtà è una specie particolare, si possono notare in un certo ecosistema: aumentano proporzionalmente a quanto ci si avvicina a metropolitana e treno. Come se essere in un posto che fa casino, il loro habitat naturale (avete mai sentito un freno di un passante?) li giustificasse a fare come vogliono.

Non si può stare tranquilli con questa gente intorno: ci si potrebbe preoccupare che non abbiano i soldi per comprare due euro di cuffie. Si potrebbe anche rischiare di imparare una lingua straniera senza volerlo, Arabo, Francese etc. Questo fa abbastanza paura, fa abbastanza paura pensare che un giorno ci si potrebbe svegliare dicendo “Bonjour” invece che “Buongiorno”.

L’ultima ma non la meno importante specie è quella dei “loquerer sophophonum”. Che comprende una grossa fetta della popolazione. Sono spuntati come i funghi con l’evoluzione dell’essere umano.

Molto simili e da non confondere sono quelli che mandano messaggi vocali su WhatsApp, è facile identificarli perché tengono il cellulare in mano premuto sul bottoncino/ ascoltano avvicinandoselo alle orecchie. È facile invece capire chi fa parte di questa specie: entrano nei negozi e parlano anche quando sono in fila.

-Sì salve, prego

-Ah… Ah senti..Ascolta! Ecco, adesso sono qui, in negozio, un attimo che ordino, sì allora una brioche alla crema per favore

Non riattaccano neanche per ordinare.

Il problema è che è sempre più difficile capire con chi stanno parlando, perché oramai hanno cuffiette così piccole e senza fili che è difficile accorgersene.

All’inizio mi giravo nella direzione di questa gente, pensate uno che inizia a parlare all’improvviso quando siete solo in due in una strada. Normalmente uno si girerebbe e chiederebbe, “cosa?”, no?. Poi ho imparato ad evitarli. Ma è come la storia di “al lupo, al lupo”. Quando mi diranno “attenzione macchina!!”, c’è una grande probabilità che li ignori: ho sintonizzato il mio ascolto per una sola frequenza molto bassa, quella dell’elemosinatore.

Devo dire la verità. Questi mi fanno un po’ invidia. Vorrei anche io avere qualcosa di così interessante da poter parlare ogni giorno di qualcosa, con gente che magari poi vedo anche alla sera. Oppure avere tantissimi amici, perchè può darsi che ripetano la stessa cosa a una vasta scelta di interlocutori.

Questo non toglie comunque al fatto che Milano dovrebbero recintarla, un po’ come Jurassic Park: “specie selvagge all’interno, entrate a vostro rischio e pericolo”.

Almeno chi arriva si prepara con un bel fucile da caccia: i dinosauri vanno sì preservati, ma se ogni tanto parte qualche colpo era sicuramente per legittima difesa.

Artista: Midjourney